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AUMENTARE LE DIAGNOSI DI CELIACHIA, CHE IN ITALIA COLPISCE OLTRE UN BAMBINO SU SESSANTA
22 marzo 2023
Secondo la Società Italiana Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP) è un dato tra i più alti al mondo, sottostimato del 60%: le due cause maggiori sono la genetica e l’alimentazione. E le femmine ne soffrono in misura doppia rispetto ai maschi
Aumentare le diagnosi di celiachia, che in Italia colpisce oltre un bambino su sessanta: Project
di Eugenia Sermonti
Secondo gli esperti, si tratta del dato più alto al mondo, con una sottostima del 60 percento. Motivo per cui, urge aumentare le diagnosi per prevenire le conseguenze a lungo termine. Le due cause maggiori sono rappresentate in ugual misura dalla genetica e dall’alimentazione. Più diffusa nel Sud del paese, le femmine ne soffrono in misura doppia rispetto ai maschi. La celiachia, la più frequente patologia autoimmune del bambino che coinvolge in prima istanza l’intestino, registra nel nostro paese una prevalenza tra le più alte al mondo, 1 caso ogni 60. Lo sottolinea un importante studio multicentrico condotto su 9 mila alunni delle scuole elementari a Verona, Milano, Roma, Padova, Salerno, Ancona, Bari e Reggio Calabria. Un risultato che pone il nostro paese all’avanguardia nello studio di una condizione che sta aumentando e non solo in età pediatrica. “Nel corso degli ultimi 30 anni, il più importante filone di ricerca della Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP) nell’ambito della epidemiologia, criteri per la diagnosi e la gestione della dieta sono stati prodotti da gruppi di ricerca italiani appartenenti a questa Società – spiega il presidente SIGENP, il professore Claudio Romano, direttore dell’Unità Operativa di Gastroenterologia Pediatrica e Fibrosi Cistica dell’Università di Messina – Malgrado il crescente interesse verso questa condizione nell’ambito medico e generale, ancora rimangono tanti i casi di celiachia non diagnosticati, per cui la ricerca dei casi sfuggiti ad una diagnosi rappresenta ad oggi un obiettivo primario dal punto di vista sanitario. La terapia della celiachia consiste nella dieta con esclusione rigorosa di glutine contenuto in alcuni cereali, tra cui il frumento, per tutta la vita. La SIGENP si è impegnata nello studio più ampio mai realizzato al mondo su questo tema, che ha coinvolto un campione totale di 9000 bambini delle scuole elementari di varie zone d’Italia”.
Lo screening di primo livello è stato condotto attraverso un semplice pungidito per verificare, su una goccia di sangue, la presenza di anticorpi che indicano la predisposizione genetica. I bambini positivi a questa prima indagine sono stati poi invitati a sottoporsi a un prelievo di sangue per verificare più approfonditamente la diagnosi di celiachia. “Il lavoro che presentiamo, di cui sono stato l’ideatore - spiega il professor Carlo Catassi, direttore della Clinica Pediatrica dell’Università Politecnica di Ancona – è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Digestive and Liver Disease’, una tra le prime riviste a livello mondiale nell’ambito della gastroenterologia, disponibile on line e visibile a tutti. Si tratta dello studio più ampio mai eseguito in Italia sulla celiachia, uno dei maggiori al mondo, ed ha messo in luce l’alta prevalenza di questa condizione nel nostro paese: in Italia circa un bambino su sessanta è celiaco. Si tratta di una patologia permanente, che richiederebbe una diagnosi tempestiva per scongiurare complicanze tardive anche gravi, come osteoporosi, infertilità, rari casi di tumore. Oltre alla grande diffusione di questa condizione in Italia, lo studio ha rilevato anche un serio problema di sottodiagnosi – continua il professor Catassi – Il dato è preoccupante: solo il 40 per cento dei casi ottiene una diagnosi di celiachia su basi cliniche. I medici prestano molta attenzione al minimo sospetto di celiachia, ma spesso i genitori non portano i figli dal pediatra perché non rilevano sintomi particolari. Tra i primi campanelli d’allarme va considerata la familiarità per celiachia, la presenza di altre patologie autoimmuni, che spesso si manifestano nello stesso soggetto o in ambito familiare. Possono essere sintomi di celiachia la diarrea o la stitichezza, i dolori addominali, l’anemia da carenza di ferro, il vomito, la stanchezza cronica solo per elencarne alcuni. La patologia si può manifestare a ogni età, anche nell’adulto, ma spesso insorge nel bambino dopo il divezzamento, cioè quando il piccolo inizia a introdurre glutine nell’alimentazione, nutrendosi anche con farine, pane, pasta e biscotti. La latenza è di alcuni mesi o anni, poi si può si manifestare la patologia. La fascia d’età più colpita è quella che va dai 2 ai 10 anni”.
I dati indicano anche che le femmine sono più colpite dei maschi, in rapporto di due casi a uno: come quasi tutte le malattie autoimmuni sono più frequenti nel sesso femminile e per quanto riguarda la distribuzione geografica è ormai certo che l’Italia è tra i paesi in cui la prevalenza è maggiore, insieme a Svezia, Finlandia ma anche India e Nord Africa. In Giappone o nelle Filippine è una condizione assolutamente rara, per le caratteristiche dell’alimentazione orientale basata sul riso. Ma oggi la situazione sta cambiando: popolazioni che difficilmente si nutrivano con derivati del frumento, oggi iniziano a consumare panini con hamburger e pizze. Per questo stanno aumentando anche in quelle zone i casi di celiachia. Sulle cause del problema gli esperti sono d’accordo: si può affermare che la celiachia per il 40 per cento dipende dalla predisposizione genetica, per un altro 40 per cento dall’alimentazione, il restante 20 per cento da fattori ancora sconosciuti. Se una persona ha la predisposizione genetica ma non consumerà mai glutine non svilupperà la malattia. Alla luce di questi risultati bisogna quindi trovare strategie per tenere sotto controllo il fenomeno. “Le indicazioni emerse dal nostro studio sottolineano la necessità di uno screening nazionale della celiachia – conclude il professor Catassi – perché abbiamo verificato che nonostante l’attenzione che i pediatri italiani pongono sull’argomento la sottodiagnosi è ancora un problema enorme”.
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