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ENDOMETRIOSI, SERVONO CENTRI REGIONALI E NAZIONALI E FORMAZIONE SPECIFICA PER I MEDICI

22 marzo 2022

Da Silvio Brusaferro a Giovanni Scambia l'appello ad attivare poli di riferimento per la patologia. Il presidente Sonia Manente dell’Associazione Endometriosi FVG «Le emergenze ci saranno sempre, ora abbiamo bisogno di un segno, faccia un passo in più, diventando nuovamente modello nazionale»

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Endometriosi, servono centri regionali e nazionali e formazione specifica per i medici: Project

di Fabrizia Maselli


È stato molto chiaro il professor Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, nell’indicare le linee guida per strutturare nella forma più efficace la lotta all'endometriosi – ‘Ricerca, consapevolezza, alfabetizzazione e rete’ – al centro del convegno nazionale ‘Endometriosi, a che punto siamo?’ nel palazzo della Regione a Udine, ideato e promosso dalla presidente dell'Associazione Endometriosi FVG Odv, Sonia Manente, con la partecipazione della Commissione regionale Pari opportunità. Perché si tratta di una patologia fortemente invalidante che colpisce fra il 10 e il 15 per cento delle donne, oltre 23 mila nel solo Friuli Venezia Giulia.


Proprio a Brusaferro il compito di aprire i lavori, con il primo contributo scientifico: «Serve ancora – ha esordito – molta ricerca su questa malattia: a tutt'oggi mancano sistemi di registrazione e di codifica che permettano di fotografare in maniera precisa una problematica che, secondo le stime del Ministero della salute, è conclamata in 3 milioni di donne». Determinante, ha proseguito, è accorciare i tempi della diagnosi: e in tal senso fondamentale è ‘la formazione, l'alfabetizzazione’, tanto fra i professionisti quanto fra la cittadinanza, considerato l'impatto sociale dell'endometriosi, che si ripercuote fortemente sulla sfera familiare e lavorativa. E per perseguire questo obiettivo servono, naturalmente, fondi mirati e ‘reti’ efficienti: «Chi soffre di endometriosi – ha concluso Brusaferro – deve poter disporre di centri di riferimento e di gruppi specializzati, con competenze multidisciplinari».


I concetti espressi dal professore hanno offerto il destro a Sonia Manente, presidente Associazione Endometriosi Fvg, per ribadire l'assoluta urgenza dell'inserimento nei Livelli essenziali dell'assistenza (Lea) dei progestinici – al momento l'unica cura disponibile – affinché diventino gratuiti. Altra necessità, ha sottolineato, è quella di eliminare le stadiazioni, perché una patologia così complessa non può essere considerata per fasi di aggravamento, appunto, ma va affrontata fin dalle primissime avvisaglie con la dovuta attenzione. C'è poi l'aspetto sociale: «Le donne colpite da endometriosi – ha detto Manente – vogliono poter condurre una vita il più possibile normale, dunque anche lavorare: per farlo, però, hanno bisogno di specifici permessi, per potersi curare. Inoltre è necessario attivare la medicina di genere, le donne hanno necessità di farmaci per il proprio sistema corporeo e fisico. La multidisciplinarietà degli specialisti per una patologia invalidante come l’endometriosi è necessaria per permettere una diagnosi precoce».


Tanti, a seguire, i contributi scientifici, moderati dalla giornalista Francesca Cerno e da Sonia Manente: il professor Giuseppe Ricci ha focalizzato l'attenzione, in particolare, sull'importanza del registro sull'endometriosi (presente in Friuli Venezia Giulia e in poche altre regioni indetto grazie alla 1° Legge Regionale 18/2012 voluta fortemente, dalla presidente Sonia Manente, con duro lavoro di coinvolgimento della governance per far capire l’importanza del contributo che avrebbe trasmesso a livello nazionale così come le altre leggi regionali sempre portate avanti dalla stessa presidente come la Puglia, il Molise, la Sardegna e la Sicilia inoltre ad avere alvorato alla stesura del DDL 888 testo sull’endometriosi nazionale partecipando all’Audizione al Senato il 3 luglio 2019 apportando i dati della prima ricerca sugli studenti degli Istituti Superiori di circa 5 mila studenti tra ragazze e ragazzi e la ricerca conoscitiva su un campione di circa 900 donne): obiettivo è attivare in tempi rapidi un registro nazionale), strumento indispensabile per quantificare con precisione la diffusione della patologia nel Paese. «Permette, fra l'altro – ha sottolineato Ricci – di rilevare che la patologia non ha una diffusione uniforme sul territorio e che, al contrario, presenta una concentrazione maggiore in alcune zone, aspetto da indagare a fondo per risalire alle cause; il registro consente inoltre di documentare l'evoluzione della malattia nel corso del tempo, accertando l'efficacia o meno delle misure di prevenzione poste in atto».


Di «una fra le malattie più impegnative per la donna» ha parlato il professor Giovanni Scambia, definendo l'endometriosi «una di quelle patologie sociali che impongono uno sforzo collettivo per ridurne l'impatto, tali sono le sue ripercussioni in termini sociali e di costi». Conviene ‘investire’, insomma, a livello di studi, anche per ridurre l'impressionante ritardo diagnostico (circa 8 anni in Italia, addirittura 12 negli Usa): «Questi dati – ha affermato Scambia – attestano che c'è pochissima sensibilità sul tema, a fronte dei 176 milioni di donne che nel mondo soffrono di endometriosi. Bisogna dunque impegnarsi nella sensibilizzazione tra la popolazione (fin dall'adolescenza) e per l'educazione dei medici. E serve anche consapevolezza politica: il Friuli Venezia Giulia, in questo senso, si distingue. E' indispensabile l'istituzione di centri di riferimento per l'endometriosi, su scala regionale e con un reciproco collegamento, perché non si può più accettare che in una medicina moderna questa patologia complessa, multifattoriale e multidisciplinare, venga trattata in ‘ordine sparso’. L'Italia deve muoversi in tale direzione, attivando poli di riferimento e dotandoli delle strumentazioni giuste».


Spunti di alto interesse sono arrivati anche dalla professoressa Lorenza Driul, il cui intervento si è focalizzato sulla medicina di genere (e l'endometriosi ne è il principale esempio), che implica una personalizzazione delle cure, e dai professori Mario Malzoni, il quale ha fra l'altro evidenziato la necessità di modificare i criteri di stadiazione, Edoardo Ostardo e Simone Ferrero. Ha completato il quadro una testimonianza di Piero Barbaro. In chiusura, dopo il saluto del coordinatore della Commissione Salute della Conferenza Regioni e Provincie Autonome, Raffaele Donini, dal presidente Regione della Liguria Giovanni Toti su portavoce del professor Simone Ferrero e di Dusy Marcolin, presidente della Commissione regionale pari opportunità, l'intervento del presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin: rimarcando l'entità del problema, le sue ripercussioni a livello psicologico e l'incidenza sul piano sociale («aspetti – ha detto – cui va garantito un livello di attenzione pari a quello nella sfera medica»), Zanin ha evidenziato il ruolo delle donne e dell'associazionismo nel fare luce sulla problematica e sottoporla all'attenzione delle istituzioni. E queste ultime, ha rimarcato, di fronte a una ‘disabilità quasi invisibile’ devono garantire massimo impegno: «Il Friuli Venezia Giulia, già pioniere con l'approvazione della prima legge sull'endometriosi, ora – ha sollecitato – deve fare un passo in più. Il Consiglio Fvg coinvolgendo l’Associazione endometriosi FVG Odv, precursore di tutta l’attività da ormai più di 20 anni, dovrà attivarsi per far sì che la nostra regione si collochi di nuovo all'avanguardia a livello nazionale: servono fatti, non parole», ha concluso, auspicando un aggiornamento della legge di settore.


I concetti espressi dai vari relatori hanno offerto il destro a Sonia Manente per ribadire l'assoluta urgenza dell'inserimento nei Lea, i Livelli essenziali dell'assistenza, dei progestinici – al momento l'unica cura disponibile – affinché diventino gratuiti. Altra necessità, ha sottolineato, è quella di eliminare le stadiazioni, perché una patologia così complessa non può essere considerata per fasi di aggravamento, appunto, ma va affrontata fin dalle primissime avvisaglie con la dovuta attenzione. C'è poi l'aspetto sociale: «Le donne colpite da endometriosi – ha detto Manente – vogliono poter condurre una vita il più possibile normale, dunque anche lavorare: per farlo, però, hanno bisogno di specifici permessi, per potersi curare. Inoltre è necessario attivare la medicina di genere, le donne hanno necessità di farmaci per il proprio sistema corporeo e fisico. La multidisciplinarietà degli specialisti per una patologia invalidante come l’endometriosi è necessaria per permettere una diagnosi precoce».

Endometriosi, servono centri regionali e nazionali e formazione specifica per i medici: Testo
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